Palermo, 5 gennaio 2012 – Il 2011 si è chiuso con un ulteriore crollo del settore delle opere pubbliche in Sicilia e con una parcellizzazione del mercato, aggravando la già tragica crisi delle imprese, costrette a licenziare o a chiudere.L’Osservatorio regionale dell’Ance Sicilia, riguardo ai bandi pubblicati sulla Gazzetta ufficiale della Regione siciliana, ha registrato che nel periodo gennaio-ottobre 2011 sono state poste in gara 467 opere per un importo complessivo di appena 428,8 milioni di euro, cioè 22 milioni in meno rispetto allo stesso periodo del 2010 (-4,77%). I mesi peggiori sono stati .......
Palermo, 5 gennaio 2012 – Il 2011 si è chiuso con un ulteriore crollo del settore delle opere pubbliche in Sicilia e con una parcellizzazione del mercato, aggravando la già tragica crisi delle imprese, costrette a licenziare o a chiudere.
L’Osservatorio regionale dell’Ance Sicilia, riguardo ai bandi pubblicati sulla Gazzetta ufficiale della Regione siciliana, ha registrato che nel periodo gennaio-ottobre 2011 sono state poste in gara 467 opere per un importo complessivo di appena 428,8 milioni di euro, cioè 22 milioni in meno rispetto allo stesso periodo del 2010 (-4,77%). I mesi peggiori sono stati maggio (-48,45%) e luglio (-33,55%), parzialmente compensati dal “boom” di settembre con un +399% e di ottobre con +28,41%, conseguenza fisiologica dello stop di agosto e dell’attesa dell’entrata in vigore della legge regionale 12 dello scorso luglio.
Dei 467 pubblici incanti, soltanto 7 gare hanno superato l’importo a base d’asta di 4,8 milioni, sommando in tutto 60 milioni (14,03% del totale). Dunque, l’offerta degli enti ha riguardato prevalentemente interventi di piccole dimensioni fino a un milione e 250 mila euro ciascuno (383 gare per 196 milioni di euro, il 45,83% del totale) e le opere di fascia media (77 gare per complessivi 172 milioni, pari al 40,17% del totale).
“Il 2012 – osserva Salvo Ferlito, presidente di Ance Sicilia – riceve in eredità un pesante fardello e dovrà inoltre fare i conti con i ‘tagli’ ai bilanci degli enti locali imposti dalla ‘manovra Monti’. Se Stato e Regione non interverranno con misure eccezionali per il rilancio delle infrastrutture, la crisi che già sta attanagliando le singole province siciliane potrebbe esplodere con pesanti conseguenze sul piano occupazionale e sociale”.
L’Ance Sicilia denuncia che alle cause storiche del fenomeno (carenza di progetti e di risorse, incapacità di utilizzare i fondi disponibili, ostacoli normativi e burocratici) per il cui superamento l’assessore Pier Carmelo Russo ha annunciato la creazione con le organizzazioni di categoria di un “tavolo di rivendicazione presso i vari enti che bloccano”, si è ora aggiunto il “patto di stabilità”. Infatti, essendo costretti a rispettarne i vincoli di bilancio, quasi tutti i Comuni dell’Isola, pur avendo acceso mutui con la Cassa depositi e prestiti per centinaia di milioni di euro, non possono spendere questi soldi disponibili, così come non possono pagare le opere già eseguite. Tra gare che non si celebrano e fatture non pagate, all’appello del mercato manca oltre un miliardo di euro.
“L’avvio del ‘patto di stabilità regionale’ – dichiara Salvo Ferlito – proposto dall’assessore Armao e approvato a fine dicembre dall’Ars, è un primo importante passo in avanti, perché in pratica assegna un plafond aggiuntivo che consente di aumentare la capacità di spesa dei singoli enti locali. Ma per noi da solo non basterà: infatti, la deroga riguarderà tutte le voci di bilancio e ci vorrà almeno un anno per attuarla”.
Dunque, Ferlito chiederà ai presidenti regionali Ance del Sud Italia e al presidente nazionale Paolo Buzzetti di fare fronte comune per sollecitare il governo nazionale, così come auspicato dal ministro Clini, a escludere le infrastrutture dai vincoli del ‘patto di stabilità’.
“Questa sì – sottolinea Salvo Ferlito – che sarebbe una concreta manovra per il rilancio dello sviluppo dell’Italia: immettere subito liquidità nelle economie deboli del Mezzogiorno che, tra posti di lavoro perduti e crollo dei consumi, vedono avvicinarsi rapidamente il rischio di default”.